Il gigante gassoso, Giove, è il pianeta più grande del nostro sistema solare. Esso è composto da idrogeno ed elio, proprio come il sole. Il volume di Giove potrebbe contenere 1000 volte quello della terra e la sua massa è 318 volte superiore a quella terrestre. Fu visitato per la prima volta nel 1973 dalla sonda Voyager seguita da altre quattro sonde. Ultimamente un modulo della sonda Galileo è stato fatto scendere verso l'interno di Giove, fino a 200 km di profondità, inviando importanti dati sulla composizione e sulle condizioni climatiche. I dati confermano la composizione di idrogeno, e elio e documentano venti fino 600km/h. Inoltre si è scoperto che la classica macchia rossa che si vede spesso nelle immagini del pianeta è un uragano che è in attività da circa tre secoli. Il gigante gassoso è caratterizzato da fasce parallele di diversi colori che circondano la superficie. Queste bande sono spinte dai fortissimi venti e testimoniano i diversi composti chimici presenti alle varie latitudini. Via via che si scende all'interno del pianeta, la pressione arriva a livelli tali che gli atomi di idrogeno si spezzano in protoni ed elettroni, e il gas assume lo stato di metallo fluido.
La gravità di Giove influisce sulla terra come un taglio di barba influisce sul peso di un uomo, quindi dalle 100 alle 230 volte meno della luna e da 17.000 alle 38.000 volte meno di quella del sole. Giove è chiamato la "stella fallita" perché se avesse avuto la possibilità di accrescere la propria massa di 70-80 volte, le pressioni al suo interno e le temperature elevatissime, avrebbero innescato le reazioni termonucleari tali da far accendere il pianeta come il sole, diventando la seconda stella del sistema solare. Per fortuna questo non è avvenuto, altrimenti, infatti, la vita sulla terra e la terra stessa non sarebbero mai esistite.
Andrea
martedì 19 aprile 2011
lunedì 18 aprile 2011
Universo autonomo?
La cosmologia moderna riesce a spiegare, più o meno bene, l'evoluzione dell'universo a partire da 10 -43 secondi dopo il Big Bang. Prima di quell'istantante lo spazio e il tempo non erano governati dalla fisica classica, ma erano degli infiniti. Non ha senso, infatti, cercare di definire il comportamento del tempo, in quei momenti, poiché esso non era dotato di un significato. Ma com'è possibile tutto ciò? Se formuliamo l'idea di un inizio, significa che la nostra considerazione parte da un punto zero, e diamo per scontato che ogni cosa inizi da quel punto in poi; dunque il tempo stesso, secondo la nostra considerazione, dovrebbe avere inizio proprio da quel punto. La scienza moderna,però, non è in grado di dare una spiegazione razionale a questo fatto, lasciando ampio raggio di inventiva alle religioni. L'astrofisico Stephen Hawking, al contrario, ha immaginato una possibile ridefinizione fisica di quei primi istanti. Per dimostrare la sua tesi ha introdotto il concetto matematico del tempo immaginario. Considerando il tempo reale come una retta con origine in zero, il tempo immaginario è la perpendicolare dalla retta con origine in zero. Dunque questo tempo immaginario si riferisce ad un numero immaginario, ovvero la radice quadrata di un numero negativo (non esiste nessun numero che elevato al quadrato da un numero negativo). Tutto questo per poter portare avanti soluzioni matematiche astratte. A questo punto Hawking ha potuto portare avanti la sua tesi di universo senza bordo, ovvero senza una geometria spazio-temporale, e che non prevede un inizio. Pensate alla terra come all'evoluzione dell'universo, e al polo nord mettete l'inizio -quello che nell'altra teoria era il Big Bang- e immaginate di camminare verso i poli (quindi indietro nel tempo). Dunque, attraverso questo stratagemma, nel momento in cui arriverete alpolo nord non incontrerete l'inizio", ma potrete continuare a camminare tranquillamente. Secondo questa teoria, dunque, il tempo non avrebbe un inizio, ma avrebbe una geometria piegata su se stessa. L'universo, di conseguenza, potrebbe essere autonomo. Il fatto, però, è che per dimostrare tutto questo dovremmo considerare il tempo immaginario, che ricordo essere soltanto un trucco matematico. Solo dimostrando che la realtà non è altro che una proiezione di quello che realmente è l'universo, si può dimostrare la teoria dell'autonomia dell'universo.
Grazie
Andrea
Grazie
Andrea
venerdì 15 aprile 2011
Arrigoni, Quattrocchi: storie diverse, ma lo stesso valore.
"Questa barbarie terroristica suscita repulsione nelle coscienze civili" ha scritto il capo dello Stato Giorgio Napolitano in una lettera inviata alla mamma di Vittorio Arrigoni, pacifista italiano ucciso nella striscia di Gaza. Preso in ostaggio giovedì è stato ucciso prima della scadenza dell'ultimatum dei rapitori che avevano fissato la data per le 16 di venerdì. Questo ennesimo atto di terrorismo mi riporta alla mente Fabrizio Quattrocchi medaglia d'oro al valor civile alla memoria, ucciso in Iraq il 14 aprile 2004. Le due storie non hanno similitudini geografiche, politiche né ideologiche, se non quella di essere stati entrambi vittime del terrorismo Quattrocchi era un componente di una compagnia militare privata, ma della sua attività svolta in Iraq si conosce ben poco, proprio perché faceva parte di un organismo privato. Fu rapito il 13 aprile 2004 inseme ad altri quattro colleghi da miliziani di un gruppo che non è mai stato identificato. La cosa straordinaria di questa storia è il coraggio dimostrato da quattrocchi, infatti prima di morire a cercato di alzarsi in piedi e le sue ultime parole sono state: "Adesso vi faccio vedere io come muore un italiano". Dopodiché gli hanno sparato da dietro la schiena e due colpi sono stati fatali. Non so in quanti in un momento del genere avrebbero pensato all'onore e in quanti avrebbero trovato la forza per compiere un simile gesto. Fatto sta che Quattrocchi c'è riuscito, dimostrando al mondo intero che l'Italia non è un mezzo paese, ma è uno Stato formato da un popolo il cui valore supera di molto lo stereotipo a cui spesso siamo associati.
Andrea
Andrea
mercoledì 13 aprile 2011
Qualunque cosa dal falso
Rimanendo in tema con il precedente articolo nel quale ho parlato della "Critica della ragion pura" di Kant devo fare delle considerazioni riguardo al mio libro. Tutti sappiamo che il pensiero si evolve e per ironia della sorte pochi giorni dopo aver stampato il mio libro sono incappato in alcune letture le quali smontavano alcuni punti cardine del mio pensiero, anche se lasciavano intatto il significato più profondo. Nel libro ho dimostrato in termini molto semplici che non è possibile dimostrare la non esistenza di Dio. Il che rimane comunque un punto fermo. Il problema sta nel fatto che nel libro parlo di scienza e di Dio senza distinguerli, anzi facendoli interagire. Kant nel 1781 con il suo libro smontò l'idea che Dio e scienza siano compatibili. Egli era convinto che quando si parla di Dio, dell'anima, del mondo etc. si finisce per incorrere nelle antinomie della ragion pura e quindi di cadere in contraddizione. L'antinomia è un tipo di paradosso che indica l'esistenza di due affermazioni contraddittorie ma che possono essere entrambe giustificate. Allora seguiranno tre tipologie di pensiero: colui che non accetta la contraddizione e rimarrà razionale, colui che accetta la contraddizione e abbandona la ragion pura e colui che fa finta che non vi sia contraddizione e mette sul solito piano Dio e scienza. Quindi io con il mio libro farei parte dell'ultima tipologia. Sorge però un altro problema ovvero che quando si parla di vero o falso non si possono accettare contraddizioni, infatti secondo la legge "qualunque cosa dal falso" accettando anche una sola contraddizione si può dimostrare qualsiasi cosa. Kant in pratica voleva dire che quando si parla di logica e di razionalità si deve tener fuori Dio, mentre se si vuol parlare di Dio va benissimo, purché si sappia che il discorso non sarà scientifico, ma comunque bello, commuovente, spirituale e quant'altro. Con questo post non voglio far dubitare della propria fede, voglio semplicemente far capire quello che anch'io ho fatto fatica a comprendere, ovvero che quando si parla di fede dobbiamo essere consapevoli di farlo in modo poetico anche se nulla toglie che questo sia il linguaggio in cui si esprime Dio, per quanto ne sappiamo non esiste una equazione della felicità.
Si può dimostrare l'esistenza di Dio?
Sant'Anselmo d'Aosta nel 1077 formulò la dimostrazione ontologica dell'esistenza di Dio. Molto semplicemente egli partiva dal concetto che "Dio è l'essere perfetto" nel senso che ha tutte le perfezioni. Considerando che per le persone comuni l'esistenza stessa è una perfezione (tranne per i nichilisti) allora se Dio ha tutte le perfezioni avrà anche quella di esistere e dunque c'è. La sua dimostrazione non fece una piega fino a quando Kant nella sua "Critica della ragion pura" lo smentì. Kant sosteneva che oltre al fatto che l'esistenza non è una perfezione non è nemmeno una proprietà: Un oggetto, per poter dire che esiste deve essere definito secondo alcune proprietà , ma se l'esistenza stessa fosse una proprietà ci sarebbero due liste di oggetti, una di quelli esistenti e una di quelli non esistenti. Quindi non ci potremmo chiedere se un oggetto esiste almeno che non si sappia già che esiste. Quindi Kant dimostrò che l'esistenza di Dio non è dimostrabile. Io sono completamente d'accordo con Kant però voglio dimostrare che anche la non esistenza di Dio non è dimostrabile semplicemente applicando la logica al contrario: "negare è come ammettere l'esistenza del soggetto negato"..
Grazie e alla prossima.
Andrea
lunedì 11 aprile 2011
Alcuni concetti e un’idea straordinaria
Ho inserito un file .jpeg del mio libro che è possibile visualizzare direttamente nel blog. Le immagini presentano un cerchio nero in basso a destra poiché il programma utilizzato per la conversione è una demo.
Libero arbitrio o destino?
Per secoli il dibattito tra deterministi e indeterministi è stato aperto. I primi sono convinti che nulla avviene a caso, ma tutto accade perché è necessario. In pratica il determinismo crede che vi sia una catena causa-effetto che si ripete dall'inizio dei tempi e si ripeterà fino alla fine. Quindi secondo la visione deterministica se esistesse un computer in grado di calcolare un insieme di dati paragonabile a al numero totale di particelle che esistono nell'intero universo e delle loro interazioni, si potrebbe conoscere tutto il futuro dell'umanità e dell'universo stesso. In questo caso il comportamento delle persone sarebbe predeterminato dalla nascita. Ad esempio, un omicida da quando nasce non avrebbe possibilità di comportarsi altrimenti e la vittima sarebbe destinata a morire in quel determinato posto nel preciso momento. Quindi quando diciamo la classica frase "era destino" dobbiamo essere consapevoli di accettare la visione deterministica delle cose. La seconda corrente di pensiero è quella indeterministica, la quale crede che gli eventi non avvengono per necessità, ma sono frutto del caso. Ovvero un evento precedente non determina necessariamente un evento futuro. Nel mondo subatomico il determinismo è ormai completamente contraddetto dal principio di indeterminazione di Heisenberg, il quale dice che non si possono conoscere contemporaneamente velocità e posizione di una particella. Quindi se non è possibile determinare lo stato di un così piccolo contesto, quando si parla di universo la questione diventa ancora più indeterminata. Il problema a questo punto sembra essersi risolto, ma qui entra in gioco un altro fattore: quello psicologico. Benjamin Libet, negli anni sessanta, fece un esperimento monitorando diverse aree del cervello. Lo scopo era quello di verificare il tempo in cui si attivavano queste aree, in seguito a semplici richieste come quella di muovere un dito. La scoperta sconvolgente fu che le aree predisposte al movimento del dito si attivavano circa mezzo secondo prima che l'ordine cosciente venisse dato. Il mio parere a riguardo è semplice: probabilmente quello che avviene a livello gestuale è puramente istintivo, ma il fatto che subito dopo vi sia un impulso conscio conferma il fatto che l'ordine sia stato elaborato e che possa essere in seguito contrastato. Per esempio se ci arriva un pallone in faccia noi alziamo le mani, ma se dobbiamo scegliere tra pasta o pizza, prima che le nostre mani si gettino furiose su una delle due, la nostra coscienza prende la decisione.
Grazie e alla prossima.
Andrea
Grazie e alla prossima.
Andrea
L'altra faccia di Facebook
Si è portati a pensare che Facebook sia semplicemente un social network composto da persone i cui scopi siano del tutto trasparenti e leciti. In realtà, per fortuna da un certo punto di vista, il mondo in cui viviamo e di conseguenza gli utenti di Facebook è composto da una grande varietà di aspetti e culture. La maggior parte di questi, mi piace pensare che sia composta da persone i cui ideali sono nobili, ma vi è anche una parte che per un semplice calcolo delle probabilità presenta caratteristiche meno eleganti. Il semplice fatto di mettere le nostre foto accessibili a tutti, secondo me è frutto di una esperienza di pensiero molto limitata; almeno che voi stessi non vogliate condividere la vostra vita privata con persone che delle vostre foto potrebbero fare usi non consoni al buon costume. In particolare credo che mettere le foto di bambini o di voi stessi in tenera età sia sconsigliabile, dato che non di soli "gentiluomini" è composto Facebook. L'art 96 della legge n.633 del 22 aprile 1941 dice [..] - L’articolo 50 del D. lgs. n. 196/2003 (Testo Unico sul trattamento dei dati personali),
richiamato l’articolo 13 del Dpr n. 448/1988, precisa che “il divieto di pubblicazione e divulgazione con qualsiasi mezzo di notizie o immagini idonee a consentire l'identificazione di un minore si osserva anche in caso di coinvolgimento a qualunque titolo del minore in procedimenti giudiziari in materie diverse da quella penale”.
[..]La richiamata Carta di Treviso, approvata e sottoscritta, in collaborazione con Telefono Azzurro, dalla FNSI e dall'Ordine dei giornalisti, ribadisce che il rispetto per la persona del minore richiede il mantenimento dell'anonimato nei suoi confronti, il che implica la rinuncia a pubblicare elementi che anche indirettamente possano comunque portare alla sua identificazione fra i quali l'immagine fotografica del minore appare, senz'altro, un elemento fondamentale.
[..] Il Codice Privacy, tuttavia, prevede una sanzione penale rilevante (parliamo della reclusione da sei a diciotto mesi) per il caso di diffusione di dati trattati senza il consenso dell'interessato.
Fatevi i vostri conti..
Grazie e alla prossima..
Andrea
richiamato l’articolo 13 del Dpr n. 448/1988, precisa che “il divieto di pubblicazione e divulgazione con qualsiasi mezzo di notizie o immagini idonee a consentire l'identificazione di un minore si osserva anche in caso di coinvolgimento a qualunque titolo del minore in procedimenti giudiziari in materie diverse da quella penale”.
[..]La richiamata Carta di Treviso, approvata e sottoscritta, in collaborazione con Telefono Azzurro, dalla FNSI e dall'Ordine dei giornalisti, ribadisce che il rispetto per la persona del minore richiede il mantenimento dell'anonimato nei suoi confronti, il che implica la rinuncia a pubblicare elementi che anche indirettamente possano comunque portare alla sua identificazione fra i quali l'immagine fotografica del minore appare, senz'altro, un elemento fondamentale.
[..] Il Codice Privacy, tuttavia, prevede una sanzione penale rilevante (parliamo della reclusione da sei a diciotto mesi) per il caso di diffusione di dati trattati senza il consenso dell'interessato.
Fatevi i vostri conti..
Grazie e alla prossima..
Andrea
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