Genetica ed evoluzione


Genetica



Come ben sapete ognuno di noi ha dei caratteri che sono comuni ai nostri genitori. La genetica studia il modo in cui questi caratteri sono trasmessi. In primo luogo possiamo dire che essi si dividono in due categorie: normali e patogeni. Normali, nel senso che servono per costituire la nostra esistenza senza creare problemi; come il colore dei nostri occhi o la forma delle nostre mani. Mentre se i caratteri sono patogeni significa che portano delle malattie. Nel nostro patrimonio genetico, quindi, ci saranno scritte quali malattie (solo quelle ereditarie), potremo avere nel futuro.



DNA, geni e cromosomi



Nel 1869 Friedrick Miescher isolò per la prima volta un acido che era presente solo nel nucleo delle cellule, e, per questo motivo, lo chiamò acido nucleico. Quasi un secolo dopo, nel 1953, gli scienziati Watson e Crick proposero che la struttura del DNA fosse a doppia elica. Tutto questo ha portato, nei giorni nostri, a conoscere perfettamente la struttura di quella che è la molecola più incredibile dell’universo. L'acido desossiribonucleico, o DNA, infatti, è la molecola su cui si fonda la vita, e, come abbiamo detto nel capitolo di fisica, le molecole sono composte da un insieme di atomi. Il DNA è costituito da quattro nucleotidi: adenina, guaina, citosina e timina. Ognuna di queste basi è di per se una molecola. A seconda della sequenza delle basi si formano i diversi caratteri e quindi i diversi individui. È come un codice binario: a seconda della sequenza si possono creare un’infinità di combinazioni. L’uomo ha 3 miliardi di nucleotidi che formano il nostro patrimonio genetico: il genoma. Il DNA, inoltre, si trova all’interno di ogni cellula del nostro corpo. Nel senso che in ogni cellula il DNA è sempre lo stesso. Quindi se noi avessimo a disposizione una sola cellula di un individuo, potremo conoscere la sua intera struttura. Ma ora passiamo ai geni. Una sequenza di DNA forma un gene che determina un carattere. I geni, quindi, sono sequenze di DNA la cui funzione è di trasportare l’informazione necessaria per la sintesi delle proteine. Ad ogni gene quindi corrisponde una proteina. L’ultima classe di sequenza di DNA è il cromosoma. Esso è lungo due metri ed è costituito da un insieme di geni. Se pensate a due metri di DNA arrotolati è facile immaginarsi la sua fragilità. Per questo, la molecola, si organizza in cromosomi. I più famosi sono XX (maschio) e XY (femmina).



Patrimonio genetico



Tutti i geni che ci sono nel nostro DNA contengono le informazioni necessarie per la costruzione delle proteine del nostro corpo. Come abbiamo già detto, in ogni cellula si trova l’intero DNA di un individuo, e, dal momento che questa si divide in due, il DNA viene copiato in entrambe le cellule. È grazie a questo sistema che noi assomigliamo ai nostri genitori. Infatti le cellule che due individui uniscono durante un rapporto sessuale, gli spermatozoi e gli ovuli, contengono ognuno la propria sequenza di DNA, che unendosi, conserva i caratteri del padre e i caratteri della madre.



Proteine



Le proteine sono i mattoni fondamentali per l’esistenza dell’individuo. Esse sono formate da una sequenza di amminoacidi, che in tutto sono 20. A seconda della disposizione degli amminoacidi si determina il tipo di proteina. Noi siamo formati quasi interamente da proteine. Le cellule stesse sono formate da proteine, che si dividono in: strutturali, enzimatiche e regolatrici.



Le proteine enzimatiche, o enzimi, servono per accelerare i processi biochimici del nostro corpo. Il loro modo di agire è il seguente: cercano le molecole che devono reagire, e una volta trovate, le avvicinano attivando la reazione. Mentre le proteine regolatrici servono per gestire le parti di DNA che devono essere attivate, in quanto, per esempio, nelle zone come il cervello, è inutile attivare i geni che gestiscono la struttura delle gambe. Un altro esempio sono i geni della secrezione del latte nelle mammelle. Questi geni rimangono inattivi fino a quando la donna rimane incinta; da quel momento, quindi, le proteine regolatrici si legano a tali geni, attivandoli.



Differenziazione biologica



Ma come si formano gli individui a partire da una sola cellula? Inizialmente i gameti (spermatozoi e ovuli) si uniscono attraverso la fecondazione da parte dello spermatozoo. A questo punto si forma una cellula che inizia a duplicarsi, comportando la formazione di altre cellule che a loro volta si duplicano. Le prime otto cellule sono identiche, mentre le successive attivano e disattivano i geni necessari alla costruzione dell’individuo. Ora, voglio farvi notare quanto la natura è straordinaria, anche se molte volte ci appare scontata. Osservando la maggior parte delle specie, compresi noi umani, potete notare che gli individui hanno soltanto metà dell’organo riproduttivo. Ma non sarebbe stato più semplice dare tutto l’organo allo stesso individuo, in modo che esso non dovrebbe sprecare molto tempo a cercare un partner? E se è vero che la natura non fa mai niente per caso, per quale motivo a creato questa “inefficienza”? La risposta risiede nel fatto che la natura, dividendo l’organo riproduttivo, ha aumentato le possibilità di biodiversità. I cromosomi con mutazioni favorevoli, quindi, saranno rimescolati in maggiori quantità, e l’evoluzione sarà garantita. Ci sarà certamente maggior spreco di energie, per il corteggiamento e tutto il resto, magari ci dovranno essere scritte poesie e intonati versi, ma alla fine il risultato sarà garantito.



Trasferimento genetico



Grazie alle scoperte sul trasferimento genetico è stato possibile legare un concetto assai scomodo come la morte, alla riproduzione sessuata. Il trasferimento di geni può avvenire in due modi. Primo, è il modo che conosciamo tutti: attraverso l’atto della riproduzione e quindi del parto. In questo modo i geni dei genitori saranno ereditati dal bambino attraverso un trasferimento genetico verticale; imponendo che per il singolo individuo subentri la morte. Ma esiste un altro tipo di trasferimento genetico: quello orizzontale. Alcuni batteri, infatti, sono capaci di distribuire i loro geni ad individui della stessa generazione, in modo da rimescolare sempre le carte in gioco. Attraverso questo meccanismo non può subentrare la morte del singolo individuo, in quanto l’idea del singolo individuo è messa in dubbio. Infatti il rimescolamento dei geni presuppone che ci sia una rete di trasferimenti più che una colonia di organismi. In questo modo possiamo considerare questi batteri immortali.



Sintesi proteica



Le cellule sono composte da un nucleo -al cui interno si trova il DNA-, dal citoplasma -in cui si trovano gli amminoacidi- e dalla membrana che evita al citoplasma di uscire. La sintesi proteica comincia dal DNA. Esso è troppo importante per poter uscire dal solido nucleo e quindi crea una copia di se stesso: l’RNA. Quest’ultimo esce dal nucleo e va nel citoplasma in cerca degli amminoacidi. Un’altra copia del DNA, il tRNA porta gli amminoacidi nella tripletta giusta di nucleotidi del mRNA. Successivamente gli amminoacidi vengono uniti a formare la proteina, e l’RNA viene distrutto.



Mutazioni



Le mutazioni stanno alla base per comprendere successivamente la teoria dell’evoluzione; poiché una piccola mutazione a livello microscopico, con il passare di milioni di anni, può divenire una mutazione della specie. Per mutazioni in genetica si intende la l’alterazione di un nucleotide nella sequenza di un gene. Ciò comporta la mutazione della proteina sintetizzata dal gene, in quanto l’informazione trasportata, è diversa. Nel corpo umano avviene una mutazione ogni miliardo di nucleotidi, e si deve considerare che l’uomo ha 3 miliardi di nucleotidi.



Ma il significato più profondo della mutazione risiede nella sua origine: il caso. È, infatti, solo grazie ad esso, se le mutazioni possono garantire una vastissima molteplicità di risultati. L’errore nel codice, quindi, deve essere attribuito ad un evento casuale, non ad una scelta predisposta. E, molto probabilmente, la casualità dell’errore è determinata anche da una condizione quantistica: in virtù del principio di indeterminazione di Heisemberg le particelle degli atomi che compongono le molecole dei nucleotidi, sono soggetti ad indeterminazione, per questo la trascrizione del codice non può essere assolutamente perfetta. Il principio di indeterminazione comporta la possibilità di errore, in quanto dona alle particelle una natura indeterminata, e quindi non perfetta.



Siamo tutti fatti della stessa solfa



Se analizziamo il gene che regola lo sviluppo della testa, si nota che esso è uguale nel rospo, nel topo, nel pollo e in alcune meduse. Ma se si considerano alcuni dei i geni principali, si rimane sbalorditi di scoprire che sono identici anche in noi. Ciò significa che l’uomo non è parte distaccata di quell’universo chiamato natura, ma ne fa parte integrante. Ogni specie animale e vegetale, infatti, è composta da cellule, e noi non facciamo eccezione. Dentro a queste cellule si trova il DNA: nei gatti come in ognuno di noi. In fondo, capite, non siamo così diversi da tutti gli altri animali che abitano il nostro pianeta. La differenza importante che si torva tra noi e il resto della biosfera, è che noi possiamo comprenderla e pensarla, mentre lei no. Noi abbiamo la fortuna di essere quella parte di universo, composto dai migliori atomi, la cui grandiosità è l’intelletto; la ragione. Così disse James Clerk Maxwell, matematico e fisico scozzese:



“A un certo punto non fu più la biologia a dominare il destino dell’uomo, ma il prodotto del suo cervello: la cultura. L’Universo ha elargito un grande dono all’uomo: con i suoi migliori atomi ha creato una parte di sé stesso dentro la sua mente per capire il resto di sé. Cosicché: ‘Le uniche leggi della materia sono quelle che la nostra mente deve architettare e le uniche leggi della mente sono architettate da esse per la materia’.”



Teoria dell’evoluzione



Fino ad ora abbiamo parlato della genetica e perciò dovremo, almeno in parte, aver compreso quali sono i meccanismi della costruzione del nostro corpo, a livello microscopico. Dovrebbe essere chiaro, inoltre, che i meccanismi che stanno alla base della nostra esistenza, sono identici in tutte le specie. Ora sorge una domanda: se tutti gli organismi sono identici a livello microscopico, questo significa che discendiamo tutti da un unico progenitore? Questo ancora non è chiaro, ma sicuramente al giorno d’oggi la teoria dell’evoluzione appare la più logica.



Charles Darwin, nel lontano 1831, salpò da Devonport, con il Beagle, diretto alle Galpagos. Durante questo viaggio fu ispirato a costituire una della più discusse e acclamate teorie degli ultimi secoli: la selezione naturale. Egli iniziò ad osservare alcune specie di fringuelli e si rese conto che a seconda delle abitudini alimentari e della posizione geografica, essi presentavano delle differenze. Ciò lo spinse a pensare che forse le abitudini e i climi facevano evolvere la specie in modo che meglio si adattasse al tipo di ambiente. Un esempio molto semplice sono i denti. Nella nostra specie, l’Homo, ogni individuo ha diversi tipi di denti nella propria bocca, come i molari, i canini, gli incisivi, ecc., disposti secondo una logica di utilizzazione. Ma se la nostra specie fosse sempre esistita così com’è, i denti avrebbero dovuto avere tutti il solito aspetto, in quanto la nostra specie non avrebbe potuto sapere quale utilizzo fare dei propri denti, prima di essere creata. Ciò, probabilmente, comporta che i nostri denti si siano evoluti a seconda delle necessità. Ma l’evoluzione come avviene? Cioè, voglio dire, come è possibile che qualcosa si evolva in modi differenti se la nostra struttura è conservata nelle informazioni del DNA ed esso viene trasferito dai genitori ai figli? Darwin senza la conoscenza della biologia molecolare, ipotizzò che in alcuni individui avvenissero delle mutazioni genetiche in modo del tutto casuale. Queste mutazioni, inoltre, secondo lui, potevano essere negative o positive. Nel senso che a seconda dell’utilità, le mutazioni, potevano essere scartate, come nel caso delle malformazioni, o utilizzate, in quanto utili ad uno scopo. Dunque, attraverso questo meccanismo chiamato “selezione naturale” le mutazioni favorevoli sarebbero tramandate ai figli, mentre quelle inutili si sarebbero perse per strada. Ora, non è che ciò avvenga nell’arco di poche generazioni, ma dopo milioni di anni di cambiamenti. Comunque, a confermare, almeno in parte, questa teoria ci ha pensato la genetica moderna con la scoperta delle mutazioni del DNA, di cui abbiamo parlato.



Metamorfosi



Secondo la teoria dell’evoluzione, molti organi presenti negli individui, sono altri organi metamorfosati. Ad esempio il cranio dell’uomo è diviso in tre ossa, che molto probabilmente in tempi remoti erano vertebre, le quali, successivamente, hanno subito una metamorfosi. Ma questo è solo un esempio, possiamo considerare gli organi per camminare con il tempo si siano trasformati i organi per volare, nuotare, etc.



Escherichia Coli: una prova dell’evoluzione



Alla prima poppata o al primo tocco dell’ostetrica un colonizzatore entra a far parte del nostro organismo per sempre: l’Escherichia Coli. Questo batterio, che vive in colonie di cento miliardi di suoi simili all’interno del nostro intestino, contribuisce a mantenere stabile la nostra flora microbica. L’Echerichia Coli, infatti, ha bisogno di ossigeno per sopravvivere, e come prodotto di scarto produce l’anidride carbonica, che viene utilizzata da moltissime altre forme di microbi. Inizialmente il batterio si nutre del latte ingerito dal poppante, ma quando la dieta del bambino diventa più complessa, l’Escherichia Coli ha bisogno di trovare il nutrimento da altre fonti. Così inizia a nutrirsi dei prodotti di scarto degli altri microbi, contraccambiando con la produzione di co2. In questo modo viene stabilita una tendenza all’equilibrio, tale, da permettere alla flora microbica di regolare molte funzioni come le difese immunitarie. Ma cosa c’entra questo batterio con la teoria dell’evoluzione? Nel 1988 Richard Lenski iniziò un esperimento, che dura tutt’oggi, sull’Escherichia Coli. Il suo scopo era dimostrare che la teoria dell’evoluzione è tutt’altro che indimostrabile, e questi batteri sono la prova. L’esperimento volge a monitorare dodici ceppi tutti derivati dallo stesso batterio, messi in dodici provette, e mantenute ad un incubazione di 37 gradi. Ogni mattina il biologo aggiunge ad ogni provetta un po’ di glucosio, che viene consumato nell’arco della giornata. Il giorno dopo viene prelevato una piccola quantità di ogni ceppo e viene messo in altre provette, con altro glucosio e così via. Ogni 500 generazioni viene prelevato un campione e viene fossilizzato per essere una prova documentata. Quello che è venuto fuori nei 23 anni di esperimento è che i batteri hanno subito moltissime mutazioni e si sono adattati a moltissime condizioni, testimoniando la reale evoluzione nei batteri. In particolare alla 33.127° generazione accadde che una provetta diventò opaca. Ciò era accaduto molte altre volte, ed era determinato dal fatto, che durante il trasferimento dei ceppi, una provetta poteva venire contaminata da batteri in grado di nutrirsi del nitrato presente nella soluzione. In questo modo l’altra forma di batteri diventava dominante e la provetta diventava opaca. In quella particolare generazione, avvenne però, che nessun batterio aveva contaminato la provetta, ma l’Escherichia Coli stesso aveva mutato il proprio organismo in modo da riuscire a nutrirsi del nitrato. Ciò avvenne in maniera graduale: un batterio che presentò questo tipo di mutazione, attraverso la riproduzione, rimescolò i suoi geni mutati in altri batteri, così da diffondere la mutazione, che piano piano diventò la caratteristica dominante. E lo stesso principio che vale per i batteri dovrebbe valere per tutte le altre specie, in quanto ogni organismo presente sulla Terra, compresi noi stessi, è composto da cellule e hanno un DNA. Quindi è illogico pensare che la natura funzioni diversamente.



Problemi della teoria



Nonostante tutte le prove fornite dall’osservazione e dagli esperimenti compiuti in laboratorio, la teoria dell’evoluzione non è così certa come si potrebbe pensare. Infatti ci sono alcuni problemi che tutt’ora i biologi non si riescono a spiegare, primo su tutti: gli organi complessi. Un esempio lampante sono gli occhi. Come noi, anche la maggior parte delle specie sono dotate di occhi, ma la complessità di questo organo è molto elevata, e non è necessario come può sembrare. Darwin stesso riteneva molto improbabile che l’occhio fosse stato creato dalla selezione naturale. Bisogna però considerare, che il pipistrello ha gli occhi, ma non ci vede. Questo fa pensare che in alcune specie ci sia stata una lunga gradazione che ha portato questi organi, che inizialmente erano malformazioni, ad acquistare proprietà come la vista. Un altro esempio è il serpente che utilizza il naso come orecchio. Un’ulteriore problema sono i famosi anelli mancanti. Secondo i paleontologi, infatti, mancano le vie di mezzo nelle graduatorie delle specie che possano rendere evidente l’evoluzione. Come nel caso dell’uomo si hanno reperti di molti stadi intermedi come l’Homo Erectus, ma molte vie di mezzo non sono state ritrovate, il che fa supporre che ognuna specie ritrovata sia una specie a sé.



Neodarwinismo



Secondo il neodarwinismo, l’evoluzione è determinata da processi di errori casuali nei geni, che talvolta producono mutazioni favorevoli. Secondo molti evoluzionisti questa visione è comunque riduzionistica, in quanto non può spiegare la formazione di organi complessi come gli occhi. Per avere un approccio reale ai meccanismi dell’evoluzione è necessario osservare quest’ultima sotto una visione sistemica. Tale visione presuppone l’esistenza di più cause determinanti i processi che hanno portato la materia abiotica a diventare biotica, e successivamente i batteri a diventare uomini. La prima causa che determina il dispiegarsi dell’evoluzione è, come abbiamo già detto, l’emergenza di mutazioni nel DNA. Tali mutazioni, comunque, non sono sufficienti per spiegare l’evoluzione di organi complessi. Ciò presuppone che si debbano cercare altre cause, per rendere il quadro completo. Sicuramente è necessario volgere lo sguardo su un altro punto venuto a galla negli ultimi anni: il trasferimento genetico orizzontale. Tale meccanismo permette il passaggio di geni attraverso organismi delle stesse generazioni. A differenza delle specie che vivono nel macrocosmo, alcuni batteri hanno la facoltà di trasmettere i geni ai loro simili senza ricorrere alla riproduzione. Le mutazioni favorevoli che avvengono all’interno di alcuni organismi, vengono poi sparsi grazie al trasferimento genetico orizzontale, agli altri organismi. Attraverso questa fitta rete di connessioni, i microrganismi, riescono a compiere passi evolutivi che altre specie impiegherebbero anni per raggiungere. A questo punto abbiamo un motivo in più per credere che i passi da giganti compiuti dai primi organismi terrestri siano stati favoriti da questo particolare trasferimento di geni; così da rendere meno sbalorditiva un evoluzione durata solo 4.5 miliardi di anni. Ma un’ulteriore causa determina in maniera ancora più sostanziale l’efficacia della visione complessa della teoria dell’evoluzione: la simbiosi. Questo particolare meccanismo che ha origine anche a livelli cellulari permette a due organismi di collaborare, scambiandosi dei favori, e ciò determina una maggiore efficienza degli organismi. Il caso più importante di simbiosi è quello del mitocondrio all’interno della cellula. Questa componente funziona da centrale elettrica, catturando l’energia necessaria per il sostentamento dell’organismo cellulare. Ma il mitocondrio non è una semplice componente della cellula; bensì un organismo a se, che miliardi di anni fa si è unito alla cellula e ha continuato il suo percorso con essa. In questo modo l’efficienza di entrambi gli organismi è stata aumentata, e la cellula è diventata in grado di evolversi molto più velocemente. Ma tutte queste considerazioni, nonostante aumentino la complessità della materia, non possono ancora mostrare la vera anima dell’evoluzione. Infatti tutti quelli che vi ho esposto sono solo cause dell’evoluzione, non il vero stimolo. Per capire il vero senso dei questa teoria, bisogna tornare indietro, all’inizio del libro, quando parlavamo dei meccanismi di auto-organizzazione e di autopoiesi. È evidente che alla luce delle recenti scoperte di natura complessa, i sistemi viventi sono portati alla creazione dell’ordine. Inoltre come ho esposte nel paragrafo degli ipercili, anche la materia prebiotica tende a creare schemi ordinati e sempre più complessi. In questo modo è semplice vedere l’evoluzione come una tendenza naturale dei sistemi complessi a raggiungere livelli sempre crescenti di ordine e complessità; in quanto essi sono portati alla rimodellazione del caos e alla produzione dell’ordine dal disordine. È, inoltre intuibile, che la creazione di caratteri emergenti, e quindi di nuove caratteristiche di natura complessa, derivano sempre dalla tendenza dei sistemi complessi di evolversi verso condizioni migliori.






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